IL SENSO DI COLPA: UN GIUDICE INFLESSIBILE
Il senso di colpa è un giudice inflessibile che non ci dà tregua e limita la nostra vita. Ci si sente in colpa verso i genitori per la loro sofferenza, ci si sente in debito verso i figli perché non si passa abbastanza tempo con loro, ci si sente inadeguati nel ruolo di genitori, ci si sente in colpa verso gli amici quando si litiga e così via.
Ovviamente questo sentimento non è necessariamente qualcosa di insano: quando è sviluppato in modo normale, rappresenta un fattore evolutivo importante poiché rende possibile il senso di responsabilità e partecipa alla costruzione dell'etica personale. Ma quando è eccessivo diventa un blocco doloroso. Come scacciare questo potente tiranno? Bisogna abbandonare i modelli.
Di cosa ci accusa il nostro giudice interiore?
Lo schema è il seguente: c'è stato un periodo buio e sofferto nel quale ci siamo sentiti psichicamente morti (succede ad esempio durante le separazioni) e ora che finalmente la vita si riaffaccia nella nostra esistenza ci sembra di star tradendo qualcuno. Ma chi? La risposta è diversa a seconda dei casi: può essere una persona cara che non c'è più, una che è malata, depressa o sola.
Altre volte il senso di colpa è indefinito e non si riesce a tracciare uno schema di tradimento specifico.
Il senso di colpa è anche il peccato di affermare la propria coscienza, di vivere per la prima volta con pienezza, di voler conoscere se stessi. Chi prova questa sensazione ha un problema relativo al sentire legittimi i propri bisogni e desideri, problema che spesso affonda le proprie radici in un'infanzia o in un'adolescenza nelle quali essi sono stati banalizzati o disattesi.
Una parte del senso di colpa ha origine dalla cultura nella quale siamo immersi: regole, dogmi, ideologie che in modo implicito o esplicito fanno passare il concetto secondo cui l'affermazione della propria autenticità costituisce un peccato, un'offesa, una cosa inopportuna. E' una tendenza che spinge a sentirsi in colpa quando non si è "come gli altri" e non si fanno le cose che "fanno tutti".
Ma attenzione, non è sempre un modello di bontà quello che si impone in questo modo: anche l'enorme spinta al successo individuale instillata dai modelli dominanti ci spinge a "essere come ci vuole il mondo". Non arrendiamoci a queste forze, non rinunciamo a esprimere noi stessi, la nostra unicità potrà essere apprezzata e ispirare gli altri.
Bisogna uscire da una concezione egocentrica di se stessi che prevede un "io" che sorregge il peso di tutto e non concede agli altri la possibilità di elaborare disagi e frustrazioni. Le fiabe ci insegnano che senza il cattivo, senza cioè le parti di sé difficili da guardare, il protagonista non può realizzare il proprio destino.
Quante cose, per via del senso di colpa, non posso fare? Quanto sono obbligato a mandar giù bocconi amari senza batter ciglio? Quanto sto trascurando me stesso? Quanto gli altri non conoscono di me?
Vantaggi dell'abbandonare il senso di colpa:
- Senza l'obbligo di andare d'accordo con tutti è più facile costruire relazioni autentiche e sviluppare un dialogo proficuo e onesto con gli altri.
- Si possono perseguire i propri progetti senza il freno a mano tirato e senza il rischio di sabotarsi da soli.
- Si tengono alla larga tutti i disturbi psicosomatici legati alla repressione della rabbia, non solo gastrite e ulcera ma anche disturbi della pelle e problemi di pressione.
Gli errori da non fare più
Quando affiorano sentimenti negativi e sensi di colpa, a volte scatta in automatico la ricerca di un colpevole e il desiderio di annullare la sofferenza a tutti i costi. In realtà queste reazioni non fanno altro che rafforzare il disagio.
"Di chi è la colpa?": cercare le cause, le colpe, le responsabilità; recriminare: prendersela con gli altri o con se stessi. E' la reazione tipica quando cadiamo in situazione di disagio dalla semplice tristezza, all'ansia, alla depressione. Ma non è da quella parte la via di uscita: la ricerca delle cause è spesso illusoria e ottiene il risultato di farci permanere in un'atmosfera mentale nebulosa e confusa.
"Devo reagire": quando arrivano certi stati interiori sono segnali importanti che vanno ascoltati.
Percepirli senza cercare le cause, accettare il momento che si sta vivendo senza opporsi, sono atteggiamenti molto più terapeutici che non imporsi a reazioni basate sul tenere duro, spesso più motivate dalla paura del giudizio da parte degli altri che da una reale maturazione individuale.
Noi non siamo solo la nostra storia, siamo anche altro; se il passato continua a debordare il presente è anche perché noi per primi glielo permettiamo spalancando la porta. Ecco come invertire la rotta:
Riconoscere i danni - Quel che conta è uscire da una visione generalista in cui i genitori sono i colpevoli di tutto e il passato è un macigno insormontabile. Superare questa visione permetterà di risolvere concretamente le reali conseguenze di eventuali errori di genitori. Puoi farlo da solo o con l'aiuto di un terapeuta.
Accettare per davvero - Prendi atto che quello che è successo nella prima parte della tua vita è una caratteristica del tuo personale destino. Negativi o positivi sono stati eventi ineluttabili.
Riprendersi il futuro - Fatti questi passi non resta che vivere, affrontando i problemi ancora aperti come questioni del tutto personali senza cercare giustificazioni da opporre.
FONTE: "Via rancori e sensi di colpa", Edizione Riza.