LA TRISTEZZA E L'INUTILITA' DEL SUPERFLUO




Si può essere tristi e non saperne il motivo esatto per cui accade, ma la tristezza è sempre la reazione a eventi traumatici come un lutto, una perdita, una delusione, un abbandono.
La tristezza evoca il vuoto, la mancanza di sperare per il futuro, tutto appare ugualmente indifferente e inutile.

La funzione della tristezza è segreta e sottostante, essa agisce nel profondo e serve a sgretolare quella facciata con cui ci identifichiamo, ma che non corrisponde alla vera vita che vorremmo. La tristezza serve per farci capire che sono del tutto privi di senso i gesti che compaiono abitualmente in modo automatico, per abitudine. Ci riporta alla nostra interiorità allontanandoci dal clamore dell'esterno, ci spoglia del superfluo per riportarci all'essenza. Ecco perché essa scatta nei momenti in cui abbiamo bisogno di attingere a risorse interiori profonde, per consentire una ristrutturazione del nostro modo di vedere e sentire le cose. Rifuggire la tristezza vuol dire rimanere in superficie e rifiutare di andare verso la nostra essenza originale.

I comportamenti che cronicizzano la tristezza:
- Aver fretta di liberarsene
- Cercare cause e colpevoli
- Cercare distrazioni
- Continuare ad autocommiserarsi

La tristezza stimola la creatività
Tutti sappiamo che nei momenti di difficoltà e di tristezza percepiamo la realtà in modo diverso e più profondo. Infatti spesso gli artisti creano le loro opere migliori nei momenti più grigi della vita.
E' stata identificata anche una causa fisiologica per cui la tristezza provoca maggiore creatività: in questa condizione si riduce il livello di cortisolo, vengono inibiti i centri nervosi che spingono all'azione alla socialità e si attivano invece quelli legati all'introspezione e alla creatività.

Cosa è la delusione?
E' il crollo delle illusioni, la tristezza che accompagna ha un sapore amaro e struggente, un dolore che brucia in mezzo al petto. Ma la caduta delle illusioni è sempre provvidenziale, ci arricchisce, ci consegna la verità dei fatti depurata dalle incrostazioni ideologiche, dalle aspettative che deformano la nostra visione. Benvenuta delusione dunque: è sempre l'occasione per un salto di consapevolezza; sapendo come stanno le cose dobbiamo solo regolarci di conseguenza.

Cosa succede al corpo se reprimiamo la tristezza?
Un'emozione che non può essere accolta e sperimentata su un piano psichico, non troverà altra valvola di sfogo che il corpo. A lungo andare, il rischio di sviluppare patologie psicosomatiche diventa molto alto. Ecco i disagi e i disturbi che possono derivare da una tristezza che rifuggiamo o che lasciamo cronicizzare nel tentativo di tenerla a bada.

La depressione: una tristezza troppo a lungo respinta
Se alla tristezza viene impedito di fare il suo percorso poniamo le basi per un vero e proprio processo depressivo. Il tono dell'umore rischia di diventare sempre più basso; stanchezza, apatia, assenza di desideri possono costringere a fare i conti con un malessere profondo che non è più possibile trascurare o negare.

L'asma: quando il respiro si blocca per un dolore non espresso
Secondo diversi autori di medicina psicosomatica l'attacco di asma altro non sarebbe che lo sfogo fisico e l'equivalente di un pianto che abbiamo represso. Questo sintomo può comparire in seguito soprattutto a una separazione o a un distacco. Il respiro rappresenta simbolicamente la dinamica tra la vita e la morte che la tristezza rappresenta dentro di noi.

I calcoli renali: la durezza che impedisce lo sfogo
Le coliche renali sono tra i dolori più intensi che ci sia dato sperimentare, i calcoli che ostruiscono il fluire dei nostri liquidi interni rappresentano simbolicamente il dolore pietrificato dentro di noi che non è riuscito a sciogliersi. Le pietre che si formano nel nostro corpo raffigurano una certa rigidità interiore che ci impedisce di esprimere esteriormente le nostre emozioni. Per cui esse si "solidificano" dentro di noi e diventano dolorose.

Per evitare malesseri fisici mai reagire richiudendoci
Se ci ostiniamo a difendere la nostra visione delle cose e a mantenerci stabilmente nella nostra tristezza, creeremo una realtà parallela esponendoci a due rischi: continuare a ripetere lo stesso errore o rinchiuderci in una bolla di dolore che piano piano rischia d diventare un ritiro depressivo.
C'è anche il pericolo che con la perdita di contatto con la realtà vengano a insorgere conseguenze fisiche: stagnazione dei liquidi, sovrappeso e sovraccarico di scorie.

Attenzione però a non confondere lo stato di tristezza con uno stato di depressione vera. In un'epoca che richiede la massima efficienza e produttività da tutti è facile che una persona triste venga etichettata come depressa. Perché la tristezza è bandita dall'immaginario ideale, come il silenzio, la vecchiaia, la malattia. La tristezza è uno stato transitorio verso una condizione di maggiore consapevolezza.


FONTE: "Non trattenere le emozioni"di Maria Grazia Tumminello, Edizione Riza.



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