LA RABBIA: UN'EMOZIONE NECESSARIA
Il pensare ossessivamente e con rabbia a ciò che non abbiamo oppure a quello che abbiamo sofferto è la causa di molti disturbi psicosomatici.
Ciascuno di noi vive la propria esistenza seguendo, consapevolmente o non, un particolare e personale stile di vita, non sempre del tutto adatto alle proprie esigenze e scelte ma condizionato se non imposto dal contesto sociale e ambientale. Il contesto alimenta tutto un mondo di stati emozionali-affettivi che, congruenti o meno con le nostre personali aspettative, possono essere considerate come positive o negative.
Cosa è la rabbia?
La rabbia viene anche chiama ira o collera, è un sentimento da non confondere con l'odio. La rabbia è il manifestarsi di uno stato emotivo-affettivo caratterizzato da una crescente eccitazione che si manifesta a livello verbale o motorio e che può culminare con comportamenti aggressivi e distruttivi nei confronti di oggetti, persone o anche di se stessi.
La collera è la trasformazione di un meccanismo psicologico di difesa nei contronti di situazioni ambientali avverse o frustranti, in un meccanismo di tipo aggressivo. Il soggetto che ne viene colpito interpreta la situazione come una minaccia contro se stesso, una persecuzione da parte di altri, contro cui indirizza la sua ira perché sono considerati causa delle difficoltà e frustrazioni che sta vivendo.
La rabbia sembra radicarsi nella mancata comprensione di noi stessi e delle cause remote che hanno prodotto ingiustizia, risentimento o condizionamento. Queste radici possono però contemporaneamente essere presenti sia in noi che nella persona che a nostro parere ha avuto il ruolo principale nel far esplodere la reazione rabbiosa. Proprio questo aspetto della rabbia è all'origine dell'instaurarsi di un ciclo emozionale perverso che può provocare veri e propri disastri e sofferenze sino al manifestarsi di possibili disturbi e vere e proprie patologie.
La rabbia è un'energia antica, primordiale, riconoscerla e conoscerla è un atto fondamentale per la nostra evoluzione e per il nostro percorso. Conoscerla e accoglierla. Si può fare un'altra cosa importante: dargli un'immagine, socchiudo gli occhi e vedo quale volto assume l'immagine della rabbia. Per qualcuno potrà assumere le sembianze di un guerriero antico, per qualcun altro quelle di un mare agitato o di un cielo tempestoso.
Quando le immagini prorompono sulle emozioni che proviamo e quando le emozioni che proviamo si trasformano in immagini interiori, sta accadendo un'alchimia straordinaria.
La rabbia non è un'emozione sbagliata
I moderni studi di neurofisiologia ci hanno dimostrato che i rancori sono pericolosi perché attivano parti del cervello, ipotalamo e ipofisi, dalle quali scatta il processo di materializzazione attraverso gli ormo, le catecolamine. I rancori diventano materia dentro di noi, colorano di nero gli umori del corpo come sostiene la medicina cinese e producono disarmonie.
Trattenere a lungo la rabbia e il rancore può portare a veri e propri disturbi psicosomatici:
- cefalea pulsante: l'aggressività cerca di uscire martellando il cervello
- tensione muscolare: i muscoli si controllano per non aggredire, sono tesi
- bruciori di stomaco: la rabbia inespressa lavora dentro di noi e ci corrode
- eczema alle mani: le mani prudono dalla voglia di usarle
- disturbi al fegato: la rabbia si deposita dove nasce l'energia primordiale
Mai soffocare la rabbia per timore del giudizio altrui. Ecco gli atteggiamenti che impediscono a questa emozione di manifestarsi e finiscono per renderla cronica:
- giudicare le emozioni secondo un ideale moralista di perfezione al quali credi di doverti adeguare
- rimuginare spesso sui motivi che hanno scatenato la tua reazione rabbiosa e immaginare di correggerla
- reprimere certe emozioni per la paura di perdere la stima e l'affetto degli altri
C'è un'alternativa alla collera
Secondo una metafora del monaco Thich Nhat Hanh le diverse emozioni positive che abbiamo dentro di noi sono come dei semi sepolti nella terra che possono sboccare all'esterno. La possibilità che siano presenti anche altri semi, le emozioni negative, non va ribattuta indietro e negata, ma accettata come tale, nella consapevolezza che anche loro rivestono un ruolo decisivo nella nsotra reazione agli eventi e nella valutazione che ne diamo. Magari si possono cercare i lati comici della vicenda e giocare a immaginare a quali conseguenze anche positive ne potrebbero derivare. Il tutto cercando di "spegnere il fuoco nella casa" utilizzando a tal fine altre tecniche di consapevolezza centrate sul rallentamento.
Cosa fare quando gli altri ci feriscono
Chi ha poca autostima subisce il volere degli altri e come se non bastasse, passa il tempo ad accusare se stesso per non aver reagito. Un circolo mentale da cui bisogna uscire imparando a trattenere il dolore in modo diverso.
C'è chi è capace di farsi scivolare le cose addosso, ma per molti invece queste situazioni sono come pugnalate dure da sopportare. Dalle accuse i pensieri diventano puù tortuosi e per lenire il dolore si costruiscono vere e proprie cattedrali mentali: "Un giorno o l'altro mi sente...Non mi devo abbassare ho altro di cui occuparmi...Tanto non cambierà mai nulla"...
Sono tutti sforzi mentali, pensieri inutili che inquinano il cervello e impediscono di produrre azioni limpide quelle che servono davvero. In questo modo non fai che accumulare frustrazione e non ti smuovi da una situazione spiacevole.
Gli errori da evitare
Se combatti il tuo dolore rendi cronica la tua ferita e questo atteggiamento produce a catena alcuni effetti pericolosi per la psiche:
-più cerchi di scacciare le brutte sensazioni, più quelle torneranno rinforzate
-lo specifico dolore che stai vivendo, se non lo accogli, col tempo si cronicizzerà riempiendosi di contenuti estranei: ad esempio i paragoni tra te e gli altri, verso i quali ti senti inferiore; oppure confronti tra i tanti dolori del passato e quello del presente, che vivi come se fosse una conferma "Ecco mi succede sempre la stessa cosa". Si tratta di un'idea falsa, perché niente si ripete identico a se stesso e tu oggi sei diverso da come eri ieri; tutto scorre.
- tutti questi contenuti estranei producono nella mente una falsa idea di permanenza, per cui inizi a identificarti come persona insicura. In pratica diventano una tua seconda identità.
Questa esperienza serve per farti evolvere
Quando ti senti ferito da qualcuno, il dolore che provi non arriva perché non sei all'altezza o non abbastanza bravo. Il dolore non è né una punizione, né una vergogna e neppure un marchio di inferiorità. La sofferenza interiore è uno dei meccanismi evolutivi più importanti: il dolore serve a spegnere un'identità, un'immagine di te in cui ti eri identificato in modo ostinato, ma che non ti corrisponde e a farti guardare te stesso in modo nuovo.
Il dolore, i disagi vengono per raccontare qualcosa di te che non sai ascoltare, che non sai vedere. Mediante il dolore cresci. Ma è importante che svolta la sua funzione, il dolore se ne vada naturalemente, se resiste sei tu a farlo durare perché continui ad aggrapparti a quell'immagine che la ferite vuole farti superare.
Sentire il dolore, accoglierlo, vuol dire cedere non resistere, percepirlo completamente e senza residui. "Vieni, non faccio resistenza. Ti sento arrivare e non ti giudico, non ti dico nulla, non ti combatto, lascio che mi invadi e aspetto; tu mi trasformerai in modi che io non posso immaginare".
Chi ogni giorno accetta di vivere i piccoli e grandi dolori in questo modo, si accorgerà che dal profondo sgorgheranno inattesi stati di gioia.
L'anima infatti è un campo energetico infinito in cui gli opposti continuamente si alternano e si compenetrano; lasciarsi attraversare da uno di essi significa inevitabilmente svegliare anche l'altro. Solo così, vivendo pienamente il dolore e la gioia quando arrivano, si diventa essere completi.
FONTE: "Via i rancori e i sensi di colpa", Edizione Riza.